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Moroni (1521-1580). Il ritratto del suo tempo

di Renate Mussini
1 Gen, 2024
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La mostra “Moroni (1521-1580). Il ritratto del suo tempo” intende celebrare l’artista bergamasco, tra i maggiori interpreti della pittura rinascimentale lombarda. Autore anche di significative opere devozionali, presenti in mostra, Moroni è però noto soprattutto per la sua innovativa attività di ritrattista.

La mostra è suddivisa in nove nuclei tematici, ciascuno dedicato ad un particolare aspetto della produzione artistica dell’artista lombardo. Il percorso inizia con un approfondimento della figura di Alessandro Bonvicino detto il Moretto, il maestro di Moroni, di cui verranno esposte due testimonianze figurative capitali quali la Pala di Sant’Andrea e San Paolo caduto da cavallo. A partire dall’inizio degli anni ’40 del Cinquecento, Moroni è documentato nella bottega bresciana del suo maestro ed è proprio qui che inizia a raccogliere appunti grafici che andranno a costituire un prezioso taccuino di disegni, ricostruito in occasione della mostra.

Successivamente è possibile trovare una sezione di approfondimento su Lorenzo Lotto, molto attivo a Bergamo dove ha lasciato significative tracce del suo passaggio. Sia sul fronte delle invenzioni di soggetto sacro sia su quello del genere ritrattistico Lotto ha rappresentato per Moroni una continua fonte di ispirazione: ne sono testimonianza il confronto tra le due Trinità esposte in mostra e i cosiddetti ritratti “in azione”.

Segue un approfondimento sul contesto trentino della metà del Cinquecento a partire dal Ritratto di Cristoforo Madruzzo, il Principe-Vescovo di Trento dipinto da Tiziano nel 1552. Segue la comparazione tra il Ritratto di Alessandro Vittoria, scultore trentino, con il Ritratto di Giulio Romano di Tiziano. Chiude la sezione la cosiddetta Pala dei Dottori, un’opera pubblica commissionata a Moroni dalla corporazione dei legali e dei dottori per il proprio altare nella basilica di Santa Maria Maggiore, all’epoca sede delle sedute conciliari.



Moroni dedica un’ampia parte della sua carriera alla ritrattistica che viene approfondita in tutte le sue sfaccettature. Una delle sezioni della mostra espone i ritratti del potere, in particolare è possibile ammirare i ritratti di Tiziano e Tintoretto, in grado di valorizzare lo status del personaggio perdendone di vista le specificità individuali, in contrasto con quelli realizzati da Moroni che, nonostante fossero nati con lo scopo esplicito di esaltare il loro ruolo pubblico, non ha potuto fare a meno di restituirci l’aspetto umano. Esemplare in questo contesto “Ritratto di un Podestà” del 1560-65 proveniente da Accademia Carrara di Bergamo.

La sezione successiva, dedicata ai ritratti al naturale, indaga un aspetto peculiare della produzione moroniana. Questa tipologia di ritratto riproduce in maniera fedele, senza forme di idealizzazione le persone immortalate nei quadri. Moroni, tendenzialmente, costruisce dei set di posa sempre uguali, come facevano i fotografi nell’Ottocento, concentrando l’attenzione dell’osservatore sulla testa, lo sguardo, la posa delle mani e i dettagli della moda.



Moroni dedica parte della sua produzione ai ritratti delle personalità del suo tempo, fra i quali spiccano la poetessa Isotta Brembati, gli aristocratici Prospero Alessandri, Giovan Gerolamo Grumelli e Gabriel de la Cueva (futuro Governatore di Milano) i cui ritratti saranno messi in dialogo con cinquecentine, armi e armature, selezionati con lo scopo di creare una relazione diretta con i dipinti.

Viene, inoltre, approfondito il legame tra Lotto e Moretto che non si limita alla reciproca influenza artistica ma si tratta di un modo comune e originale di interpretare i tempi della Riforma cattolica. La scelta di esporre lo Stendardo delle Croci, parte della Collezione di Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, museo di riferimento per Moretto, e l’Elemosina di Sant’Antonino vuole mettere in evidenza la presenza di ritratti reali, l’establishment della Chiesa bresciana nel primo caso, anonimi poveri e diseredati nel secondo.

Su questi modelli Moroni continuerà a produrre immagini destinate a una Diocesi fedele ai dettami del Concilio di Trento: in questa sezione saranno messi in risalto i personaggi ritratti che hanno chiesto di entrare a far parte delle storie sacre illustrate nelle varie pale d’altare, oltre a opere pubbliche di Moroni in perenne bilico tra innovazione e conservazione.



Una sezione della mostra è dedicata alla preghiera individuale che durante la Controriforma trova riscontro in numerosi dipinti. Nel caso di Moretto e Moroni il ruolo del personaggio ritratto diventa sempre più incombente nei dipinti dove è protagonista l’orazione mentale: una sorta di visione dei fatti sacri ricreata nella mente del devoto.

La mostra si chiude con Il Sarto, proveniente dalla National Gallery di Londra, considerato il dipinto più iconico di Moroni. Non è un caso che il personaggio sia stato ripreso mentre sta tagliando con la forbice un pezzo di stoffa tinta di nero, colore per antonomasia della moda europea del tempo. Da qui nasce l’idea di raccogliere ritratti della seconda metà del Cinquecento in grado di evidenziare la diffusione di abiti e cappelli, anche di fogge diverse, tutti costituiti da varie tipologie di stoffe nere.



Il Libro del Sarto, un repertorio di modelli raccolto da un sarto milanese nella seconda metà del Cinquecento, illustra in modo efficace l’uso del nero nella moda del tempo. In alcuni di questi ritratti compaiono delle imprese: motti e iscrizioni che si combinano con degli oggetti simbolici per restituire al gesto esibito dal ritrattato un significato allegorico.


  • Dove: Gallerie d'Italia - Milano
  • Quando: dal 6 Dic. al 1 Apr. 2024
  • Orario: da Mar. a Dom. 9.30-19.30; Gio. fino alle 22.30
  • Prezzo: intero € 10,00; ridotto € 8,00